di Giancarlo Liuzzi - foto Rafael La Perna

Bari, quell'edificio neogotico che svetta su piazza del Ferrarese: è "Palazzo Miramare"
BARI – All’entrata di Bari Vecchia, a fare da spartiacque tra il murattiano e il centro storico, è presente un particolare isolato su cui svetta imperioso un elegante palazzo neogotico raggiungibile unicamente percorrendo una scalinata dal nome romantico: Salita Miramare.

L’edificio in questione si trova al centro del quadrilatero compreso tra corso Vittorio Emanuele, piazza del Ferrarese, via Vallisa e strada San Benedetto. Un angolo della città che comprende negozi storici, osterie centenarie, edifici istituzionali e appunto questo immobile dei primi del 900 che con i suoi archi a sesto acuto e i suoi decori, contrasta con la linearità degli immobili circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a visitare il “Palazzo Miramare”, cogliendo l’occasione per raccontare la storia dell’isolato su cui si staglia, realizzato a partire dagli inizi dell’800: un periodo in cui vennero abbattute parte delle mura della città vecchia per unire il centro storico alla nuova Bari che stava nascendo. (Vedi foto galleria)

Ci troviamo quindi su corso Vittorio Emanuele, via dalla quale ci fermiamo ad ammirare la facciata di Palazzo Miramare, con il suo color crema, gli archi a sesto acuto delle finestre e la merlatura polilobata che cinge il sovrastante terrazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alla sua base, tra strada San Benedetto e piazza del Ferrarese, sorgono una serie di fabbricati contraddistinti da finestroni ovali. Ospitano esercizi commerciali, alcuni dei quali storici, come la cappelleria “Gaudioso”, aperta nel 1901 come concessionaria del celebre marchio piemontese “Borsalino” e introdotta da una pensilina in ferro battuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui un tempo c’era anche la sede dell’ingrosso di alimentari e oggettistica di Nicolò Dagnino. Il fornitissimo negozio, attivo fino al 1948, si trovava al di fuori della cinta del dazio della città e, non pagando tasse, riusciva ad avere prezzi più bassi della concorrenza. Da questa fama derivò anche l’espressione dialettale “’A Dagnine a da scì! (devi andare da Dagnino) usata come risposta a una richiesta troppo cara durante le trattative o a chi ricercava qualcosa di introvabile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungiamo ora l’incrocio con corso Cavour. Ai due angoli della strada, fino alla metà del secolo scorso, si trovavano i due chioschetti di bevande di Pasquale Viola, soprannominato fatt-a ciucce. Due baracchini ottagonali con una graziosa cupoletta merlata avviati ad inizio 900. Specialità del posto: la iàcqu-e nnìzze (acqua gelata con liquore all’anice), variante della classica granita che divenne popolare in tutta la città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo quindi in piazza del Ferrarese lì dove, alzando la testa, possiamo scorgere un altro lato del “Miramare” con la sua  elegante loggia ad archi: pare la torre maestra di un castello le cui “mura” sono composte dalle strutture che lo circondano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra queste lo Spazio Murat, luogo adibito a esposizioni ed eventi, il cui bianco paramento esterno è costituito da un bugnato a fasce nel quale si aprono sette archi sul lato lungo e due su quello corto, inquadrati da doppie lesene. Un edificio dall’aspetto ottocentesco ma in realtà costruito tra il 1999 e il 2001 su modello dell’originaria costruzione demolita nel 1957.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quest’ultima venne progettata dall’architetto Giuseppe Gimma nel 1818 come mercato coperto per la vendita di generi alimentari. L’edificio insieme al “gemello” mercato del pesce, ultimato nel 1837, costituiva la nuova piazza del commercio di Bari vecchia e del neonato quartiere Murattiano. Dell’originaria struttura restano le pietre basamentali delle arcate e un’intera lesena ben riconoscibile nell’adiacente strada Vallisa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Proseguiamo proprio su questa via e, subito alla nostra sinistra, un’antica insegna in legno posta in cima a un portone serrato richiama la nostra attenzione. Indica il negozio di oggettistica casalinga Traversa, l’ultimo a Bari a vendere cestini di vimini artigianali. L’attività, fondata nel 1856 ha chiuso però i battenti nel 2019.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A pochi metri di distanza ecco l’osteria Paglionico, uno degli ultimi ristoranti antichi sopravvissuti a Bari. Aperto nel 1870 da Maria Paglionico è ancora noto per i suoi piatti della tradizione come orecchiette alle cime di rapa e patate riso e cozze. Le due attività si trovano al piano terra di una palazzina in pietra con decori in ferro a forma di timone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo pochi passi, sulla destra, ci imbattiamo invece in un antico macchinario poggiato sul marciapiede. Si tratta di una piegatrice per carta degli anni 30 situata un tempo all’interno della filiale di una banca attiva in questo punto fino agli anni 80.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una vetrina ricca di gustosi salumi e formaggi è poi il biglietto da visita della salumeria dell’85enne Gaetano Montecassino, da tutti conosciuto come Nino, aperta dal 1973 e specializzata in panini farciti con ogni bendidio. 

L’attività si trova al piano strada di un raffinato palazzotto color ocra costruito nel secondo decennio del 900. Alzando lo sguardo notiamo una sinuosa balconata all’ultimo piano e un cornicione marcapiano sorretto da mensoloni che delimita la terrazza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci troviamo infine su strada San Benedetto, al termine della quale si nasconde l’unico accesso al palazzo neogotico, raggiungibile percorrendo la Salita Miramare: una scalinata in pietra delimitata da una ringhiera in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungiamo quindi la sommità per ritrovarci su un’ampia terrazza rettangolare occupata fino alla metà del 900 dalla struttura in legno dello studio fotografico di Tommaso Guerra. Da qui prima si poteva scorgere l’Adriatico: oggi però l’area si presenta interamente recintata non permettendo più l’antica visuale del mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A dominare lo spiazzo è il prospetto color crema del palazzo Miramare, che si compone di tre livelli e il cui ingresso è dato da un portone arcuato in legno. Grazie alla disponibilità del gruppo immobiliare Andidero, proprietario dell’edificio che qui ha i suoi uffici, riusciamo a visitare la caratteristica loggia ad archetti del primo piano. Da qui scorgiamo anche l’invidiabile terrazza privata che sovrasta la sala Murat con piante, tavolini e panchine in legno e affaccio su piazza del Ferrarese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salendo una lunga scala raggiungiamo infine la cima dell’edificio per godere di un panorama unico. A sinistra scorgiamo i campanili e tetti delle chiese del centro storico e invece, sulla nostra destra, i palazzi del borgo Murattiano. Di fronte a noi l’ex Mercato del pesce e il Teatro Margherita, con alle spalle il lungomare e il blu dell’Adriatico. Insomma, tutta Bari in un colpo solo, dall’alto di un isolato dalle mille storie. 

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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Rafael La Perna
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  • Anna Marotta - Interessante e bellissimo servizio. Grazie
  • Mariano Argentieri - Sulla terrazza della Salita Miramare, in corrispondenza dei locali di Dagnino vi era un edificio in legno con insegna del laboratorio fotografico di Tommaso Guerra fu Vincenzo.


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